giovedì 3 aprile 2014

DIARIO DI UNA DEPRESSA OSSESSIVO-COMPULSIVA.

(il racconto di com'era la mia vita 2 anni fa)


mi sveglio più o meno tra le 15 e le 17, più o meno tutti i giorni.
trovo la forza di alzarmi dal letto un'oretta dopo. e in quell'ora non penso a niente, sto solo con gli occhi fissi nel vuoto.
finalmente mi alzo. vado in bagno. mi lavo le mani insaponandole un numero dispari di volte e a lungo. mi lavo i denti. mi asciugo mani, viso e bocca con un asciugamano tutto mio che tengo in camera anche se vivo da sola: nessuno lo deve toccare.
pranzo: pasta, all'incirca 100 g (a volte di più), molto troppo condita, in 3 o 4 varianti, sempre le stesse.
mi lavo le mani, sempre insaponandole un numero dispari di volte.
mangio la frutta.
mi rilavo le mani per mangiare i chicchirichì affondandoci le dita dentro.
mi rilavo le mani. i piatti no, quelli li lascio lì sporchi fino alla prossima volta che sento il bisogno di mangiare. a volte neanche allora li lavo e quindi accumulo piatti sporchi.
dopo mangiato accendo il pc e guardo anime in giapponese con sottotitoli in italiano: sono capace di finire una serie in un solo giorno-notte. mi sembra quasi di avere imparato il giapponese, o comunque me ne illudo.
prima di partire con la visione, ovviamente mi sono premurata di circondarmi di schifezze ipercaloriche che ingurgito compulsivamente mentre guardo gli anime.
verso le 21 mi viene fame di cose sostanziose. lavo i piatti (o ne prendo di puliti). le mani non le asciugo mai con gli stracci che tengo appositamente in cucina: mi sanno di sporco, mi fanno schifo. le asciugo con lo scottex e poi comunque mi lavo le mani.
ceno: pasta, all'incirca 100 g (a volte di più), molto troppo condita.
mi lavo le mani. frutta. mani. chicchirichì.
torno a vegetare e mangiare compulsivamente davanti al pc mentre guardo anime [poi mi lamento che peso 92 chili].
si fanno le 6 o le 8 del mattino e neanche me ne accorgo.
se non fosse perché un po' di sonno si fa sentire.
vado in bagno. mi lavo le mani e i denti.
anche se non ho messo il naso fuori dalla porta, controllo che sia chiusa: mi sono inventata una formula che ripeto 3 volte a voce alta per convincermi che sia chiusa.
mi metto a letto e lascio una lucina fioca accesa perché da sola al buio non ci voglio dormire.
dormo male, dormo sonni irrequieti.
mi sveglio più o meno tra le 15 e le 17, più o meno tutti i giorni.


è così più o meno da 6 o 7 mesi.
non so come uscirne. non so neanche se voglio uscirne.
il mondo mi spaventa un po', se devo dirla tutta.
ma mi spaventa anche la Me che sono diventata.
spesso comincio a piangere all'improvviso: a volte scendono lacrime così silenziose che neanche m'accorgo che piango; altre volte piango a singhiozzi. non so perché e neanche me lo chiedo.
l'attenzione maniacale che riservo alla cura dell'igiene del mio corpo è paradossale se raffrontata con le condizioni della mia casa: ci sono palle di polvere che ogni tanto sbucano da sotto al letto e da ogni angolo; non faccio le pulizie a scadenza regolare; ho un'irrazionale paura dei ragni ma non mi preoccupo di prevenirne la presenza; nella libreria, dischi e libri sono accatastati senza un senso tra la polvere; regna il disordine sulla scrivania (su cui non posso poggiare nulla che possa servirmi sul serio) e sulla sedia (su cui non posso sedermi perché c'è sempre una pila di panni sporchi che non so quando laverò... tanto non mi servono, dato che non esco e vivo in pigiama); nell'armadio non trovo mai nulla perché c'è una massa informe di stoffa e non riconosco la singolarità dei capi.
ho dimenticato di dire che vivo al buio: da che mi sveglio a che vado a dormire, non apro le finestre per cui non entra aria e lascio chiusi anche i chiusi per cui non entra luce. ecco perché non m'accorgo se si fanno le 8 del mattino e dormo con la luce accesa anche se fuori è giorno. non so più che aspetto abbia il mondo colorato dalla luce del sole. conosco solo la luce artificiale.
sono diventata pallida come le pareti della mia stanza. non so neanche fuori che tempo c'è: una sera che stranamente ho deciso di uscire (rigorosamente da sola) ho dovuto aspettare di uscire dalla porta per rendermi conto che fuori c'era il diluvio. sono rientrata in casa e non sono più uscita, anche se ero già docciata e pronta. sono tornata in pigiama nel giro di pochi minuti.


non esco quasi mai, in effetti.
se esco, esco di notte.
comincio a prepararmi 2 ore prima: resto sotto la doccia (bollente) 20 minuti esatti, mi lavo mani e denti, resto in accappatoio altri 10 minuti seduta a fissare il vuoto, mi rilavo le mani, mi vesto senza troppa cura (tanto sono brutta e chiatta e resto brutta e chiatta anche vestita a festa). prima di uscire mi accerto che ho spento e chiuso tutto: per convincermene, devo ripetere a voce alta 3 (o un numero dispari di) volte che le finestre sono chiuse (anche se non le ho mai aperte), che la tv e il pc sono spenti e ho tolto le spine dalle prese, che ho chiuso i pomelli dei fornelli e la bombola del gas, che ho chiuso tutte le fontane, che ho dato 2 mandate di chiave alla porta interna e 5 alla porta esterna. una volta accertatami di ciò, ripeto per l'ultima volta -stavolta sottovoce (per evitare che, se passa qualcuno per le scale, mi prenda per pazza) ma scandendo bene- "camere, cucina, bagno e porte: tutto chiuso e tutto spento. chiavi in borsa"... e resto comunque col dubbio, mentre sono in giro, che ho dimenticato di fare qualcosa che protegga l'incolumità mia e della mia casa.
una volta in strada, sul rettifilo, cammino in modo tale che i miei piedi finiscano alternatamente sulle mattonelle bianche lo stesso numero di volte. per evitare di farlo, spesso mi costringo a non guardare a terra. anche perché -visto che la distanza tra le mattonelle bianche non la copro perfettamente coi miei passi- nello sforzo di beccarle sembro azzoppata o ritardata o entrambe.
se esco, è per andare ai concerti o al Perditempo (l'unico posto in cui mi sembra di stare a casa). in entrambe le situazioni sto bene attenta a non rivolgere la parola ad anima viva. spesso, se c'è troppa gente, mi viene da piangere e scappo a casa. la comunicazione col resto del mondo avviene virtualmente, nell'internet, per lo più con persone che non ho mai visto dal vivo: è più facile.
al Perditempo c'è una ragazza che come me è sempre molto silenziosa e se ne sta in disparte. mi piace. dentro deve avere un mondo meraviglioso... chissà quanto urla senza che nessuno lo sappia!?
sempre al Perditempo, in una delle mie solitarie sere, ho trovato un libro che si intitola "Un uomo che dorme": l'ho comprato senza neanche provare a leggerlo un po' per capire di cosa parlasse; ero convinta che parlasse di una versione maschile di me e l'ho preso; non so ancora di cosa parla, non l'ho ancora letto.


non leggo più. compro libri e non li leggo.
compro dischi e non li ascolto. l'unica musica che mi concedo è quella che ascolto e scopro al Perditempo. o quella che ascolto dal vivo: a quella ancora non riesco a rinunciare. ma ai concerti vado sempre da sola, e anche lì non interagisco con nessuno. ascolto il concerto e scappo a casa appena è finito.
non guardo più neanche i film. guardo solo anime. passo la vita a guardare anime in giapponese coi sottotitoli in italiano, col pc sul letto, al buio, fino alle 8 del mattino che accendo la luce e dormo.


ho perso la cognizione del tempo.
a dirla tutta, ho perso proprio il Senso del tempo... ammesso che il tempo ce l'abbia mai avuto un senso. che senso ha misurare un tempo che non sappiamo se esiste? che senso ha darci un tempo, se neanche sappiamo se esistiamo noi? IO esisto?
a scuola mi hanno detto che sono un animale mammifero, di sesso femminile. mangio, dormo, respiro. teoricamente dovrei riprodurmi, trovare un compagno e riprodurmi. custodire per 9 mesi nel grembo un altro essere che non si sa se esiste davvero e crescerlo finché non crepo. e lui o lei teoricamente dovrebbe fare lo stesso. o così si presume. [per le sfumature quì e ora non c'è spazio né tempo.]
ma questo ciclo infinito può rassicurarmi sulla reale esistenza della mia esistenza o dell'esistenza degli altri esseri respiranti che mi circondano?


io vivo al buio nelle 4 mura della mia stanza.
e respiro. 
a stento. 
vorrei urlare ma mi mancano le forze.
non sono più presente a me stessa. non mi Sento più. sono un essere inconsistente che dura niente rispetto a quanto dura l'universo. quindi, se ancora non si è capito fino a che punto si può dire che esiste l'universo, come posso sostenere io di esistere? che cosa sono? non sto neanche portando beneficio o miracolo alcuno su questa terra ad altri esseri con la mia non-esistenza. allora che senso ho?
non so neanche più se mi appartengo o se il peso di tutte queste domande ha avuto la meglio su di me lasciandomi preda del desiderio di finire. ma non posso desiderare di finire: sono atea, non credo di avere altre possibilità di illudermi di esistere e l'idea di finire mi terrorizza. la morte mi fa terribilmente paura. quindi devo farmi bastare questa vita e viverla il più a lungo possibile. però mi sembra così irresistibile il richiamo della fine, ora che mi sento inutile su questo pianeta che continuerebbe a girare anche se io non esistessi più o ancora.
la fine è un richiamo irresistibile perché mi invita a non Sentire più. questo Nulla che sto vivendo, in realtà non è un Nulla: è il nero concentrato di tutti i dolori che mi hanno stesa e lasciata a terra senza la forza di rialzarmi. quando non mi Sento è perché il dolore mi ha stordita a tal punto che mi si è atrofizzato tutto. e allora, che sollievo sarebbe non Sentire più! non sentire il peso di quei dolori.
ma davvero riesco a sopportare l'idea che non potrò più ascoltare musica o perdermi nei colori e nel vento della Sardegna? Vedere, anche Sentire, soprattutto Amare? davvero riesco a sopportare l'idea di non poter più commuovermi ad accogliere un suono, un abbraccio, una carezza, un sorriso, un bacio? davvero riesco a sopportare l'idea di perdere tutto questo o anche solo la possibilità di tutto questo?


la vita peserà anche troppo, sarà pure un'accozzaglia caotica e opprimente di dolori... sarà pure vero che spesso quei dolori possono essere l'altra faccia della medaglia di quell'amore (ogni genere di amore) che commuove. ma cazzo, ne vale la pena.
anche e soprattutto quando non ho più lacrime da versare, voce per urlare e faccio fatica a respirare. ne vale la pena.
anche uno solo dei miei respiri vale la pena di tutti i miei pianti. e ogni mio pianto vale la pena di ogni respiro.
la fine tanto arriverà, ma per ora non credo di volergliela dar vinta.





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