venerdì 24 luglio 2020

Invidio chiunque abbia la fortuna di avere te tra le sue braccia.

Beate le braccia che ti possono stringere, le mani e le labbra che ti possono toccare, gli occhi a cui i tuoi occhi parlano, le orecchie a cui la tua voce parla o sussurra nell'intimità della notte, il corpo che ha le tue mani e la tua bocca addosso.

venerdì 15 maggio 2020

Il non-tempo della quarantena.

Diario dalla quarantena - 15/05/2020

Sogno un mondo in cui il tempo non è più scandito dalle esigenze e dinamiche capitalistiche della rincorsa alla produttività, alla competitività, rincorsa che non lascia tempo né fiato per Vivere e a volte neanche per dormire. Una vita senza lavoro e senza orologi è l'unica cosa che manterrei della quarantena (una vita senza scadenze e ansie da scadenza, senza psicosi indotte da macchinose impalcature sociali ed economiche). Senza però il distanziamento imposto, le mascherine, la morte della carne. Con gli abbracci ancora possibili, le carezze, i baci. E coi concerti. E le arti finalmente libere. Non più tutti chiusi in casa a dar da mangiare ai mostri che ci abitano, fino a morirne, divorati noi. 
Sogno un mondo senza più confini, che siano le mura di casa o il quartiere o il comune di residenza o la regione o la nazione: sono tutti confini disegnati dall'uomo secondo criteri assolutamente arbitrari che non ci si spiega se non con un'ingiustificata megalomania imperialista, colonialista. A furia di colonizzare la terra ci hanno colonizzato il pensiero.
Sogno un mondo nuovo, migliore di quello in cui viviamo. Che non è il migliore dei mondi possibili, nonostante ci si ostini a tenerlo in vita con un patetico accanimento terapeutico: lasciamolo morire, questo capitalismo! Che ha dimostrato già troppe volte di essere fallibile e completamente sbagliato. Respira a stento, ormai, e avrebbe smesso già da tempo se non l'avessimo attaccato al respiratore artificiale. Smettiamola di piegare la realtà e riplasmare il futuro per riparare delle fratture e dei fallimenti che sono solo suoi! Smettiamola di reinventare i nostri bisogni in base alle sue imposizioni, per piegarci ai suoi dettami! È confuso, delirante, agonizzante, non sa neanche più cosa dice. È il momento di dirgli addio, lasciamolo andare! È pronto.
Diamo una possibilità alla vita! Basta un piccolo sforzo di fantasia.



Vignetta di How do you adult?

sabato 9 maggio 2020

Sadness will prevail.

Diario dalla quarantena - 9/05/2020

La depressione, l'ansia (e buona parte dei disturbi mentali) sono figlie del macromondo-società e del micromondo-famiglia che ne replica le dinamiche ammalando chi sta sotto nella scala gerarchica. La società ti dice che sei una fallita perché le tue aspirazioni non rispondono a quelle ritenute socialmente accettabili e ti devi trovare una fatica (in senso stretto, qualcosa che ti faccia faticare perché la vita questo è: fatica); la famiglia ti dice che sei una fallita e che se tornasse indietro non esisteresti perché col senno di poi non ti avrebbe generata. E si perpetua il ricato: io ti aiuto perch mi devi dare qualcosa in cambio. Quell'aiuto è in realtà un esercizio di potere, un'arma che ti sarà rivoltata contro: sei debitore di qualcosa e questa consapevolezza ti peserà sul petto a vita in quella sensazione asfissiante, soffocante che si tramuta in attacco di panico. E così all'infinito in un eterno ritorno, finché quelle parole velenose non mettono radici nel cervello e lo infettano così che non cresca più niente: radici che appassiscono e si ritraggono marce anziché fiorire. Finché non ti ricordi più perché ti ostini a vivere, qual è il senso di tutto, perché respiri ancora. Ma il coraggio di piantarti un coltello nelle budella per chiuderla qua non ce l'hai e allora lo lasci fare alla musica, a un disco che pare pensato apposta per dilaniarti le viscere in un harakiri. E alla fine pensi che non ti ammazzerà il virus, e forse neanche la depressione, non in senso letterale, ma resterai solo un involucro con niente dentro, tanto sei già morta molti anni fa, respiri ancora solo perché non hai le palle di ucciderti ché una volta finita questa vita un'altra non c'è e allora ti accontenti di queste briciole miserabili. Ma solo questo è, miseria.

Clicca qui per ascoltare: Today is the day - Sadness will prevail



Foto di Emma Di Taranto

martedì 5 maggio 2020

Amare la propria solitudine rende liberi di amare l'Altro in modo sano.

Ho ritrovato questa mia riflessione risalente a qualche anno fa e che vale sempre.

Quando non si è in grado di amare la propria solitudine, e anzi la si teme, si cerca l'altro per bisogno e non per voglia.
Chi ama la propria solitudine e ne sacrifica pezzetti solo se sente che ne vale davvero la pena, cerca l'altro perché ha voglia di avere accanto proprio quella persona e non perché ha bisogno di uno qualsiasi per riempire spazi e tempi vuoti.
Queste persone, se percepiscono di essere superflue per l'altro, non lo rincorreranno pateticamente elemosinando attenzioni.
Ci sono persone che hanno bisogno di sentirsi indispensabili e, se non sentono gratificata quest'esigenza perché la persona che hanno di fronte non ha bisogno di nessuno, vanno via ed è meglio così; ci sono persone che hanno scelto di non restare e bisogna lasciarle andare; ci sono persone che sono solo di passaggio, alcune più gradite di altre ma comunque di passaggio, e bisogna prenderne atto e godersele così. Non si può pregare e implorare qualcuno perché si trattenga, se non è sua volontà.

A me nessuno mi è indispensabile e io non voglio essere indispensabile; nessuno mi è utile e io non voglio essere utile. Le persone non mi capitano: chi fa parte della mia vita l'ho scelto ogni giorno, è frutto della mia volontà; io voglio essere scelta, frutto di volontà attiva.
Non costringerò l'altro in catene e non mi lascerò incatenare.
L'amore per la mia solitudine, di cui sono anche molto gelosa, mi permetterà sempre di scegliere: non ho paura di restare sola, quindi siate certi che - se siete parte di me - è perché ho voluto proprio voi e non perché non avevo altra scelta.
E se vi ho lasciato andare è perché non mi appiglio disperatamente a qualcuno per bisogno e per il terrore di sentirmi abbandonata.
L'unica cosa che mi fa paura è non essere scelta dalle persone che io ho scelto e amo! Se perdo quelle sì che sento il cuore in pezzi.
Ma se siete solo comparse, vi lascio scomparire così come siete apparse.

Il mio mondo sono io, le porte per entrare sono poche e faccio selezione all'ingresso peggio del Berghain.

venerdì 1 maggio 2020

Storm.

Diario dalla quarantena - 1/05/2020

Ho un groppo in gola, come se stessi ogni istante sul punto di piangere, è così da un paio d'ore, in realtà è così dall'inizio di tutto questo ma va e viene a tratti a momenti incontrollabili però poi non sempre le lacrime scendono e alla fine mi fa male la gola - che è dove si fermano le tristezze, dice Benni, e c'ha ragione - mi fa male la gola e gli occhi e il petto e ho bisogno di piangere ma quando voglio le lacrime quelle non scendono troppo abituate agli anni in cui le ho silenziate e asciugate prima ancora che scendessero bloccate nell'angolo dell'occhio per paura di uscire e ustionarmi la faccia ma io ne ho proprio bisogno mò ne ho davvero bisogno e invece scendono quando cazzo pare a loro all'improvviso quando non le aspetto mentre dormo che mi sveglio con le gote bagnate o mentre sono sveglia e faccio cose che non dovrebbero far piangere e invece quando ho bisogno di cacciarle fuori perché sennò mi scoppiano gli occhi e la testa proprio non ne vogliono sapere così provo ad ascoltare questo pezzo che di solito mi straccia il cuore ma niente solo un male in petto ancora più forte che cresce insieme alla canzone che cresce e poi però finalmente si placa insieme alla canzone che si placa perché come dissi tempo fa i Godspeed hanno la rara capacità di dettarmi il ritmo del respiro. Che ora riposa.



Clicca qui per ascoltare: Godspeed you! Black emperor - Storm




Foto di Emma Di Taranto

mercoledì 29 aprile 2020

Che vita è?

Diario dalla quarantena - 29/04/2020

L'arte, in ogni sua forma, ci ha salvato la vita in questa prigionia: la musica, i film, le serie tv hanno preservato la nostra salute mentale. Chissà se la gente si renderà mai conto dell'importanza dell'arte, dopo aver toccato con mano il suo potere salvifico. O se tornerà presto a ritenerla un accessorio, qualcosa di superfluo da non prendere troppo sul serio; e se chiederà ancora agli artisti "Sì, ma di lavoro cosa fai?" e a invitarli a trovarsene uno, in caso non abbiano un'occupazione ritenuta socialmente accettabile nel mondo capitalista. Nel frattempo, nei discorsi di Conte non mi pare di aver ancora scorto una qualche preoccupazione per gli artisti e tutti i lavoratori del campo delle varie arti, men che meno un tentativo di soluzione per le loro vite già precarie in tempi tranquilli e diventate ancora più precarie ora (al di là dell'elemosina dei 600 euro concessa per chissà quale miracolo, per la quale devi pure ringraziare baciando per terra sennò sei un lagnoso ingrato). Per ora li vedo aggrapparsi a un "poi" che nessuno sa quando sarà e SE sarà. Si parla di riaprire i ristoranti coi plexiglas sui tavoli, i parrucchieri ed estetisti a giugno, il mare sì non si sa forse si va in vacanza perché bisogna far girare i soldi nel settore del turismo... ma è stata detta almeno una parola che fosse ufficiale sui concerti, per esempio? La sensazione è che l'arte continui a essere percepita come qualcosa di trascurabile, con o senza la quale la vita andrebbe avanti uguale. E allora ho provato a immaginare per un attimo un mondo senza le arti e ho visto il vuoto e il grigio di vite che sopravvivono e niente di più. E sarei curiosa di sapere allora cosa ne penserebbe la gente: senza spotify sul telefono a tenerle compagnia nel viaggio da casa a lavoro e viceversa per evitare l'alienazione totale; senza netflix a riempire le interminabili giornate vuote della quarantena; senza i palchi sotto ai quali saltare, urlare, sudare, piangere commossi e felici, abbracciarsi, scontrarsi nel pogo, baciarsi, volare sulle teste della gente, sostenere chi ci vola sulla testa, innamorarsi; senza luoghi in cui poter andare a ballare, senza la danza, senza il teatro, senza tutte quelle cose che rendono la vita degna di essere vissuta. Solo il lavoro e il silenzio. Vi piace così? 
La musica, i fumetti, il cinema, le serie tv, le arti tutte sono una delle poche pochissime cose che mi permettono di respirare, di accettare l'idea di vivere in un mondo che non sento mio. Senza mi sentirei persa, già morta prima ancora di morire.

Illustrazione non mia, presa dal web

lunedì 27 aprile 2020

Diario dalla quarantena - La dittatura del "bene comune supremo".

Diario dalla quarantena - 27/04/2020

La dittatura del "bene comune supremo" che annienta l'individuo, la sua volontà, le sue esigenze. "Siete egoisti!" è la nuova offesa di tendenza in tempo di pandemia, ha sostituito addirittura "buonista" sul gradino più alto del podio! Che poi quale sarebbe questo bene comune ritenuto superiore al benessere dell'individuo? Riaprire solo le filiere produttive con gli operai mandati a morire a mo' di carne da macello? Uscire solo per andare al lavoro e per il resto tumularsi in casa privandosi di qualsiasi altra attività (che non sia una passeggiata), contatto umano (che non sia un legame di sangue o sancito da contratto firmato davanti a dio o allo stato) o viaggio (manco dai confini del proprio Comune si può uscire!) che possa preservare la salute mentale?! Ah già, preoccuparsi della propria salute mentale è da egoisti nemici della patria, scusate!
"Produci, confìnati, crepa!" recita un muro che semi-cita i CCCP. Mi sembra una fotografia perfetta dell'attuale realtà.
Vorrei tanto fare una seduta spiritica per evocare Stirner e farvi fare un sortilegio che vi infonda in corpo un po' di sano individualismo. Perché noi, da 'sta roba, ne usciremo solo più alienati e annichiliti: dimentichi d'essere individui e trasformati in fantasmi che si amalgamano perdendo i propri confini, che si confondono nel collettivo che si mangia l'Uno. E pazzi. Ne usciremo pazzi. Altro che "andrà tutto bene"!

La foto non l'ho scattata io, non ne conosco l'autore.