Quei due non si vedevano ormai da
molti anni, dall’ultima volta che Michele era stato a Napoli: non mantenne una
promessa importante, Miriam si sentì ingannata e gli dedicò parole velenose per
cacciarlo dalla sua vita. Lui non fece niente per ribellarsi. Dieci anni in cui avevano intrattenuto uno strano e ambiguo rapporto a distanza, sfumati nel giro di un pomeriggio, senza che a lui pesasse l'assenza di lei. O almeno così pareva.
Qualche anno dopo, lui
riemerse dall’oblìo e le scrisse una mail: sarebbe andato a Napoli per lavoro e
aveva scelto un hotel bello e accogliente perché voleva dormirci con lei.
Miriam lesse incredula quella mail e, senza chiedergli nulla, come se non stesse aspettando altro, gli rispose
semplicemente: “Non vedo l’ora!”.
Il mese seguente lo passò nell’attesa di
quella notte e i giorni precedenti all’incontro andò in giro per negozi per
cercare un intimo sexy da indossare: voleva farsi bella e desiderabile per lui,
ma non trovò niente. Non ha mai amato il suo corpo e niente di quello che aveva
provato riusciva a farla sentire bella: si guardava allo specchio e si vedeva
solo goffa e più grassa di quanto non fosse in realtà, riusciva a sentirsi solo
in imbarazzo, quasi spariva l’euforia. Così decise di essere sé stessa e di
indossare una semplice camicina da notte romantica e un po’ da ragazzina che
aveva già a casa.
Quel giorno di maggio tanto
atteso arrivò.
Era stata in giro tutto il giorno
e, quando arrivò in albergo da lui, gli chiese di poter fare una doccia.
Quando uscì dal bagno indossando
quella camicia da notte innocente, lui la guardò incantato nella luce calda e
soffusa, le sorrise, le andò incontro per darle un bacio soffice sulle labbra e
guardandola negli occhi le disse: “Sei
bellissima!”.
Le scese una lacrima. Non era
abituata a sentirselo dire, soprattutto non da un uomo che le piaceva così tanto.
Lui le asciugò le lacrime con le labbra e si accomodarono sul letto, in
ginocchio, uno di fronte all’altra.
Lei gli porse un libricino: “Così perdutamente umani” di Carmine
Mangone; un libro pieno di erotismo e amore che lei adorava e che,
rileggendolo in quei giorni di attesa, le aveva fatto pensare a lui.
Sull’ultima pagina aveva scritto una dedica:
“Tutte le emozioni passano attraverso il corpo.
Anche l’amore.
Che è tutto quello che ho provato per te.
Tua, da sempre.
Miriam”
Leggendola, anche a lui si fecero
gli occhi lucidi. E la baciò. Stavolta con più passione e il desiderio che
faticava a restare celato.
Lei si sedette sulle sue gambe e cominciò
a baciarlo lentamente, assaporandone la lingua come se fosse l’unica cosa di
cui voleva cibarsi. Intanto lui le accarezzava la carne mentre sfilava via la
camicia da notte. Si trovarono petto contro petto e la strinse a sé, forte.
Timida e un po' impacciata, lentamente scese a
baciargli il corpo fino a che non arrivò alla carne gonfia del suo pene nervoso che accarezzò con la lingua per poi accoglierlo tutto nella sua bocca.
Prima che lui esplodesse lei si
alzò in piedi, si sfilò gli slip e tornò a sedersi su di lui per farlo scivolare
nel suo ventre, ma lentamente, per sentirne ogni centimetro. E intanto gli
teneva la testa tra le mani e lo guardava dritto negli occhi mentre lo baciava, gli accarezzava i capelli e col bacino si muoveva sinuosa per sentirsi completamente invasa da lui.
Le sembrava di riuscire a
comunicargli col corpo tutto quello che provava per lui.
Con movimenti delicati fece per adagiarsi distesa sul letto e lo invitò a sovrastarla, continuando a tenerlo intrappolato dentro al suo ventre. I movimenti di lui erano a tratti lenti e profondi, alternati a scatti un po’ più decisi ma sempre profondi. Anche lui voleva comunicarle tutta la voglia di farla sua che aveva dovuto censurare in quegli anni di silenzio. Le gambe di lei si strinsero attorno al suo bacino assecondandone i movimenti; lui continuava a baciarla mentre restava schiacciato contro i suoi seni grandi perché adorava sentirseli addosso: i loro corpi sembravano pensare e sentire all’unisono, erano una cosa sola. E fu allora che, insieme, vennero. Restando incastrati. Lui le donò il suo seme e lei lo accolse innamorata, mentre lo baciava con dolcezza e di nuovo si commuoveva.
Con movimenti delicati fece per adagiarsi distesa sul letto e lo invitò a sovrastarla, continuando a tenerlo intrappolato dentro al suo ventre. I movimenti di lui erano a tratti lenti e profondi, alternati a scatti un po’ più decisi ma sempre profondi. Anche lui voleva comunicarle tutta la voglia di farla sua che aveva dovuto censurare in quegli anni di silenzio. Le gambe di lei si strinsero attorno al suo bacino assecondandone i movimenti; lui continuava a baciarla mentre restava schiacciato contro i suoi seni grandi perché adorava sentirseli addosso: i loro corpi sembravano pensare e sentire all’unisono, erano una cosa sola. E fu allora che, insieme, vennero. Restando incastrati. Lui le donò il suo seme e lei lo accolse innamorata, mentre lo baciava con dolcezza e di nuovo si commuoveva.
Ma alla fine, tra le lacrime, gli disse:
- Io devo proteggermi da te.
- Ma io non voglio farti del
male! – rispose lui, dispiaciuto, cercando di sembrarle rassicurante ma con scarsi risultati.
- Lo so che non vuoi, ma me ne
farai. Me ne hai già fatto... – gli disse malinconica.
Lui la abbracciò, senza riuscire
a dire niente a parte un sommesso sussurrato “Scusami”.
Lei lo percepiva, il suo affetto,
in quella morsa da cui si sentiva dolcemente minacciata. E credette a quelle
scuse. Così come in passato volle credere che lui non le avesse mai mentito sui
suoi sentimenti.
Erano passati tanti anni in cui credeva che lui l'avesse dimenticata, però ora si trovavano in quel letto a fare l’amore e le sembrava di sentirlo così vicino!
Nonostante il passato.
- Sai, Michele – interruppe il
silenzio – io quando faccio l’amore con te, ti do tutto. È come se ti stessi
amando, in un modo tutto mio. Credo dipenda dal rapporto particolare che ho col
sesso da ormai molti anni a questa parte: se non mi sento emotivamente molto
coinvolta e se non mi fido, neanche mi eccito. Ci metto tanto a lasciarmi andare, per me è una
fatica enorme buttare giù il muro che alzo tra me e il resto del mondo. Infatti
prima di venire da te la prima volta non sapevo se sarei riuscita a farlo. E
invece la naturalezza con cui il mio corpo decise di darsi a te, senza
controllo, come se t’avesse scelto, m’ha spaventata. Ebbi letteralmente paura
di me, di te e di quello che stavo provando per te.
Seguì qualche minuto di imbarazzato silenzio, le si fecero di nuovo gli occhi lucidi e cominciò a tremarle la voce, ma continuò:
- La mia dedica sul libro, ecco,
io lo penso davvero quello che ho scritto. Io penso che tutte le emozioni
passino attraverso il corpo, compreso l’amore: i nostri corpi nudi che si
conoscono; le mie mani che, mentre imparano il tuo corpo, ne catturano dei
pezzetti e li conservano per i momenti in cui non ci sarai; il tuo sapore che
diventa il mio preferito, quello di cui non riesco a fare a meno, l’unico di
cui ho sempre voglia; la mia bocca che impara la tua e intanto in silenzio ti
comunica tutto l’amore che sento; la mia carne che al contatto con la tua s'infuoca; il mio corpo che cede
come se cedesse tutto l’universo; gli odori e i suoni dei nostri corpi che si
dichiarano vicendevole appartenenza; io che ti tocco e tremo e sento che è il
mio corpo che decide per me e ha deciso di essere tuo, soltanto tuo, perché
reagisce solo a te, perché ha scelto te. E io non sono più padrona di me
stessa, non ho più il controllo delle mie sensazioni e dei miei desideri, il
mio corpo riconosce solo te e in te si perde. E quando sono sola è solo te che
vuole.
Vedi, io penso che l’Amore appartenga
al mondo della Natura più che a quello della Poesia. Sono i cinque sensi che, al contatto con l'altro, trasmettono informazioni al cervello che a sua volta comunica al corpo se quello che sente gli piace e quanto gli piace e il corpo reagisce di conseguenza; quindi alla fine è la carne a decidere.
È il contatto col
primordiale, con la nostra parte animale che è la parte più vera e genuina di
noi, quella che non conosce le sovrastrutture e le gabbie che l’essere umano
s’è imposto per imparare a governarsi. È la cosa più vicina alla Libertà che
possa esistere in questo mondo pieno di recinti, costrizioni e obblighi. E
questa libertà è Verità. Cosa c’è di più vero dell’amore comunicato attraverso
i corpi?
E così, a modo mio, in questo senso primordiale, io ti amo.
E ora abbracciami, ti prego!
So già che ti perderò, ma questa
notte è nostra: siamo io e te, intrappolati in questa virgola di tempo che
presto diventerà un punto nella realtà ma dentro di me somiglierà di più
all’infinito.
Ma solo dentro di me.
Lo abbracciò più forte che poté.
Lo abbracciò più forte che poté.
- Michele, non te ne andare! Non
voglio.
Lui si lasciò investire da quel
fiume di parole che lo lasciò disarmato. Voleva solo baciarla a lungo,
farci ancora l’amore. E così fece. Fino a che la notte quasi moriva.
- Vieni a vedere l’alba con me in
un bel posto? – gli chiese Miriam.
- Sì. Portami dove vuoi!
Lei lo portò sulla collina di San Martino:
s’incamminarono che era ancora notte ma arrivarono che già spuntavano le prime
luci all’orizzonte. La città era spenta, dormiva. C’erano solo loro (e qualche
coppia di innamorati che aveva avuto la stessa romantica idea).
Restarono in silenzio a guardare
un nuovo giorno arrivare. Consapevoli che a breve avrebbero dovuto salutarsi
senza sapere se si sarebbero mai rivisti.
Lui le accarezzava il volto
rigato dalle lacrime e la baciava con una dolcezza che lei non s’aspettava.
- Vorrei una foto di questo
momento... – disse lei.
Lui scattò: erano fronte contro
fronte, che si guardavano sorridendo appena e malinconicamente, mentre oltre i
loro volti c’erano i colori dell’alba.
- Mi mancherai, sempre. – disse Miriam con un tono amaro, quasi certa che non sarebbe mai più stato suo.
- Ci sarò, sempre. – rispose lui baciandola ancora.
- Non fare promesse che non puoi
mantenere!
- Mai.
Sono passati due anni da allora.
Non si sono più visti né sentiti.
Lei spesso contempla quella foto
che s’è stampata e messa sul comodino.
Però non piange più.
E intanto accarezza una bambina
dai capelli rossi e gli occhi chiari, che è l’unica cosa che le è rimasta di
lui.
Clicca qui per ascoltare -> Francesco Guccini - Canzone delle domande consuete
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