martedì 17 maggio 2016

Sospesi in una virgola di tempo.



Quei due non si vedevano ormai da molti anni, dall’ultima volta che Michele era stato a Napoli: non mantenne una promessa importante, Miriam si sentì ingannata e gli dedicò parole velenose per cacciarlo dalla sua vita. Lui non fece niente per ribellarsi. Dieci anni in cui avevano intrattenuto uno strano e ambiguo rapporto a distanza, sfumati nel giro di un pomeriggio, senza che a lui pesasse l'assenza di lei. O almeno così pareva.

Qualche anno dopo, lui riemerse dall’oblìo e le scrisse una mail: sarebbe andato a Napoli per lavoro e aveva scelto un hotel bello e accogliente perché voleva dormirci con lei.
Miriam lesse incredula quella mail e, senza chiedergli nulla, come se non stesse aspettando altro, gli rispose semplicemente: “Non vedo l’ora!”.
Il mese seguente lo passò nell’attesa di quella notte e i giorni precedenti all’incontro andò in giro per negozi per cercare un intimo sexy da indossare: voleva farsi bella e desiderabile per lui, ma non trovò niente. Non ha mai amato il suo corpo e niente di quello che aveva provato riusciva a farla sentire bella: si guardava allo specchio e si vedeva solo goffa e più grassa di quanto non fosse in realtà, riusciva a sentirsi solo in imbarazzo, quasi spariva l’euforia. Così decise di essere sé stessa e di indossare una semplice camicina da notte romantica e un po’ da ragazzina che aveva già a casa.

Quel giorno di maggio tanto atteso arrivò.
Era stata in giro tutto il giorno e, quando arrivò in albergo da lui, gli chiese di poter fare una doccia.
Quando uscì dal bagno indossando quella camicia da notte innocente, lui la guardò incantato nella luce calda e soffusa, le sorrise, le andò incontro per darle un bacio soffice sulle labbra e guardandola negli occhi le disse: “Sei bellissima!”.
Le scese una lacrima. Non era abituata a sentirselo dire, soprattutto non da un uomo che le piaceva così tanto. Lui le asciugò le lacrime con le labbra e si accomodarono sul letto, in ginocchio, uno di fronte all’altra.
Lei gli porse un libricino: “Così perdutamente umani” di Carmine Mangone; un libro pieno di erotismo e amore che lei adorava e che, rileggendolo in quei giorni di attesa, le aveva fatto pensare a lui. Sull’ultima pagina aveva scritto una dedica:
“Tutte le emozioni passano attraverso il corpo.
Anche l’amore.
Che è tutto quello che ho provato per te.
Tua, da sempre.
Miriam”

Leggendola, anche a lui si fecero gli occhi lucidi. E la baciò. Stavolta con più passione e il desiderio che faticava a restare celato.
Lei si sedette sulle sue gambe e cominciò a baciarlo lentamente, assaporandone la lingua come se fosse l’unica cosa di cui voleva cibarsi. Intanto lui le accarezzava la carne mentre sfilava via la camicia da notte. Si trovarono petto contro petto e la strinse a sé, forte.
Timida e un po' impacciata, lentamente scese a baciargli il corpo fino a che non arrivò alla carne gonfia del suo pene nervoso che accarezzò con la lingua per poi accoglierlo tutto nella sua bocca.
Prima che lui esplodesse lei si alzò in piedi, si sfilò gli slip e tornò a sedersi su di lui per farlo scivolare nel suo ventre, ma lentamente, per sentirne ogni centimetro. E intanto gli teneva la testa tra le mani e lo guardava dritto negli occhi mentre lo baciava, gli accarezzava i capelli e col bacino si muoveva sinuosa per sentirsi completamente invasa da lui.
Le sembrava di riuscire a comunicargli col corpo tutto quello che provava per lui.
Con movimenti delicati fece per adagiarsi distesa sul letto e lo invitò a sovrastarla, continuando a tenerlo intrappolato dentro al suo ventre. I movimenti di lui erano a tratti lenti e profondi, alternati a scatti un po’ più decisi ma sempre profondi. Anche lui voleva comunicarle tutta la voglia di farla sua che aveva dovuto censurare in quegli anni di silenzio. Le gambe di lei si strinsero attorno al suo bacino assecondandone i movimenti; lui continuava a baciarla mentre restava schiacciato contro i suoi seni grandi perché adorava sentirseli addosso: i loro corpi sembravano pensare e sentire all’unisono, erano una cosa sola. E fu allora che, insieme, vennero. Restando incastrati. Lui le donò il suo seme e lei lo accolse innamorata, mentre lo baciava con dolcezza e di nuovo si commuoveva.

Ma alla fine, tra le lacrime, gli disse:
- Io devo proteggermi da te.
- Ma io non voglio farti del male! – rispose lui, dispiaciuto, cercando di sembrarle rassicurante ma con scarsi risultati.
- Lo so che non vuoi, ma me ne farai. Me ne hai già fatto... – gli disse malinconica.
Lui la abbracciò, senza riuscire a dire niente a parte un sommesso sussurrato “Scusami”.
Lei lo percepiva, il suo affetto, in quella morsa da cui si sentiva dolcemente minacciata. E credette a quelle scuse. Così come in passato volle credere che lui non le avesse mai mentito sui suoi sentimenti. 

Erano passati tanti anni in cui credeva che lui l'avesse dimenticata, però ora si trovavano in quel letto a fare l’amore e le sembrava di sentirlo così vicino! 
Nonostante il passato.

- Sai, Michele – interruppe il silenzio – io quando faccio l’amore con te, ti do tutto. È come se ti stessi amando, in un modo tutto mio. Credo dipenda dal rapporto particolare che ho col sesso da ormai molti anni a questa parte: se non mi sento emotivamente molto coinvolta e se non mi fido, neanche mi eccito. Ci metto tanto a lasciarmi andare, per me è una fatica enorme buttare giù il muro che alzo tra me e il resto del mondo. Infatti prima di venire da te la prima volta non sapevo se sarei riuscita a farlo. E invece la naturalezza con cui il mio corpo decise di darsi a te, senza controllo, come se t’avesse scelto, m’ha spaventata. Ebbi letteralmente paura di me, di te e di quello che stavo provando per te.

Seguì qualche minuto di imbarazzato silenzio, le si fecero di nuovo gli occhi lucidi e cominciò a tremarle la voce, ma continuò:
- La mia dedica sul libro, ecco, io lo penso davvero quello che ho scritto. Io penso che tutte le emozioni passino attraverso il corpo, compreso l’amore: i nostri corpi nudi che si conoscono; le mie mani che, mentre imparano il tuo corpo, ne catturano dei pezzetti e li conservano per i momenti in cui non ci sarai; il tuo sapore che diventa il mio preferito, quello di cui non riesco a fare a meno, l’unico di cui ho sempre voglia; la mia bocca che impara la tua e intanto in silenzio ti comunica tutto l’amore che sento; la mia carne che al contatto con la tua s'infuoca; il mio corpo che cede come se cedesse tutto l’universo; gli odori e i suoni dei nostri corpi che si dichiarano vicendevole appartenenza; io che ti tocco e tremo e sento che è il mio corpo che decide per me e ha deciso di essere tuo, soltanto tuo, perché reagisce solo a te, perché ha scelto te. E io non sono più padrona di me stessa, non ho più il controllo delle mie sensazioni e dei miei desideri, il mio corpo riconosce solo te e in te si perde. E quando sono sola è solo te che vuole.
Vedi, io penso che l’Amore appartenga al mondo della Natura più che a quello della Poesia. Sono i cinque sensi che, al contatto con l'altro, trasmettono informazioni al cervello che a sua volta comunica al corpo se quello che sente gli piace e quanto gli piace e il corpo reagisce di conseguenza; quindi alla fine è la carne a decidere.
È il contatto col primordiale, con la nostra parte animale che è la parte più vera e genuina di noi, quella che non conosce le sovrastrutture e le gabbie che l’essere umano s’è imposto per imparare a governarsi. È la cosa più vicina alla Libertà che possa esistere in questo mondo pieno di recinti, costrizioni e obblighi. E questa libertà è Verità. Cosa c’è di più vero dell’amore comunicato attraverso i corpi?
E così, a modo mio, in questo senso primordiale, io ti amo.
E ora abbracciami, ti prego!
So già che ti perderò, ma questa notte è nostra: siamo io e te, intrappolati in questa virgola di tempo che presto diventerà un punto nella realtà ma dentro di me somiglierà di più all’infinito.
Ma solo dentro di me.

Lo abbracciò più forte che poté.
- Michele, non te ne andare! Non voglio.
Lui si lasciò investire da quel fiume di parole che lo lasciò disarmato. Voleva solo baciarla a lungo, farci ancora l’amore. E così fece. Fino a che la notte quasi moriva.
- Vieni a vedere l’alba con me in un bel posto? – gli chiese Miriam.
- Sì. Portami dove vuoi!
Lei lo portò sulla collina di San Martino: s’incamminarono che era ancora notte ma arrivarono che già spuntavano le prime luci all’orizzonte. La città era spenta, dormiva. C’erano solo loro (e qualche coppia di innamorati che aveva avuto la stessa romantica idea).
Restarono in silenzio a guardare un nuovo giorno arrivare. Consapevoli che a breve avrebbero dovuto salutarsi senza sapere se si sarebbero mai rivisti.
Lui le accarezzava il volto rigato dalle lacrime e la baciava con una dolcezza che lei non s’aspettava.
- Vorrei una foto di questo momento... – disse lei.
Lui scattò: erano fronte contro fronte, che si guardavano sorridendo appena e malinconicamente, mentre oltre i loro volti c’erano i colori dell’alba.
- Mi mancherai, sempre. – disse Miriam con un tono amaro, quasi certa che non sarebbe mai più stato suo.
- Ci sarò, sempre. – rispose lui baciandola ancora.
- Non fare promesse che non puoi mantenere!
- Mai.



Sono passati due anni da allora.
Non si sono più visti né sentiti.
Lei spesso contempla quella foto che s’è stampata e messa sul comodino.
Però non piange più.

E intanto accarezza una bambina dai capelli rossi e gli occhi chiari, che è l’unica cosa che le è rimasta di lui.



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