lunedì 16 novembre 2015

Cronaca di un concerto a roma, dopo i fatti di Parigi.

ieri 15 novembre 2015, a soli due giorni dalla strage di Parigi, a cui è seguita la minaccia “la prossima sarà Roma!”, è proprio a Roma che sono andata. per il concerto dei Godspeed you! black emperor.

prima ancora di partire, il primo pensiero è stato “ma stiamo tranquilli?”.
poi, dato che sono di indole paranoica, sono partite le assurde congetture: si chiamano GODspeed you! black emperor e hanno fatto un disco il cui titolo comincia con Allelujah! questi mò vengono a sterminare gli infedeli!
poi sono tornata lucida e ho realizzato che gli Eagles of death metal non hanno niente di sacro nel nome né nella musica e che quei pazzi sono andati al Bataclan solo perché era un posto affollato, chiuso, senza via di scampo, e potevano ammazzare più persone.
ho continuato a pensare in segreto queste cose e altre per tutta la durata del viaggio. ogni tanto provavo a sdrammatizzare o a mettere da parte i pensieri più oscuri azzardando analisi più o meno lucide coi miei compagni di viaggio.
all’autogrill c’era un’auto della polizia che girava lenta per controllare che tutto fosse a posto (mai visto prima, in un autogrill!).
mentre uscivamo dalla stazione di servizio, sempre in direzione Roma, sull’autostrada abbiamo visto sfrecciare una fila di 7 auto di polizia e carabinieri.
non potevo fare a meno di chiedermi perché.

quando siamo arrivati al locale, i controlli erano scrupolosi.
la sicurezza, mentre perquisiva, quasi si giustificava “scusa, è che sai, visto quello che è successo venerdì...”
una volta dentro al locale, dopo aver preso posto vicino al palco, la prima cosa a cui pensiamo io e il mio amico è guardarci intorno per studiare il posto e cercare eventuali vie di fuga se fosse accaduto qualcosa di orribile. ci avevo pensato anche prima di partire ma non ho voluto dirlo ad alta voce per non sembrare più paranoica di quanto io non sia normalmente, ma il mio amico m’ha preceduta e m’ha fatto sentire meno pazza. o forse siamo tutti e due pazzi, ma almeno mi sentivo meno sola.
comincia a suonare Xarah Dion, francese. una piacevole mezz’oretta di musica elettronica con voce eterea (tipica del dream-pop shoegaze) mi aiuta a distendere i nervi.

quando salgono sul palco i Godspeed l’emozione è tanta, è grande, enorme, indescrivibile.
Hope drone con cui aprono tutti i loro concerti, sembra invitarci alla speranza in questo periodo di oscurità da cui pare difficile uscire. segue  poi una scaletta composta per lo più di brani più vecchi e desideratissimi, tra cui le mie amatissime Gathering storm (frammento di Storm) e Sleep (per le quali ho fatto fatica a trattenere le lacrime) da Lift your skinny fists like antennas to heaven e addirittura, in chiusura, un brano dal primo album (brano che sentire dal vivo è veramente raro): il movimento centrale, East hastings (che è anche parte della colonna sonora del film “28 giorni dopo” che ancora non ho visto e dovrò recuperare, anche solo in virtù della scena apocalittica in cui c’è questo incredibile pezzo).
nel bel mezzo del concerto, arriva Peasantry or Light! Inside of Light! , il pezzo che apre l'ultimo album Asunder, sweet and other distress : mentre ancora iniziava, si sentono delle urla di gente nel panico che pare che scappi. queste urla, negli altri live, non le avevo mai sentite, quindi ho pensato fossero estrapolate da qualche registrazione del Bataclan di Parigi la notte del 13 novembre. ma l’ho pensato solo dopo essere tornata lucida e mi ci è voluto qualche istante: la prima reazione a quelle urla è stata sobbalzare e guardarmi intorno con paura (come hanno fatto credo un po’ tutti). il mio amico mi si è avvicinato all’orecchio per chiedermi conferma... se stessero effettivamente trasmettendo il terrore di quella notte. la canzone poi è cresciuta ed esplosa ed è l’unica cosa che voglio sentire esplodere. non colpi di pistola, non bombe, solo musica.
anche se a un certo punto è caduto qualcosa dietro al palco facendo un tonfo e uno dei chitarristi s’è girato di scatto (credo per paura) e ha cercato di capire cosa stesse succedendo e per tutto il tempo la sicurezza girava, munita di torcia, tra transenne e palco e sul piano rialzato per controllare tutto. la tensione sembrava alta.

nonostante queste piccole distrazioni, ho tenuto la mente fissa sul palco, concentrata su di loro.
i brividi non hanno accennato ad andar via, per tutta la durata del concerto. la loro musica mi investiva come un treno. me la sentivo rimbombare nello stomaco, nella cassa toracica, nel cuore. tremavo tutta. con gli occhi sempre lucidi per tutto l’Amore che stavo provando, per tutto l’immenso che mi stava avvolgendo, per l’infinito in cui mi stavo perdendo.
quando è finito il concerto ci ho messo un po’ a tornare alla realtà, come ogni volta che li sento dal vivo. anche se parlavo con altri, ero distratta da ciò che avevo appena visto da cui non riuscivo a uscire del tutto.
ma devo ammettere che, l’istante dopo aver ringraziato col pensiero i Godspeed per quello che avevo visto, sono stata grata di essere tornata viva a casa.

e questo è assurdo e inconcepibile.
non è tollerabile che si vada a un concerto con questo stato d’animo e si esca pensando che ci è andata bene che non c’erano pazzi armati a farci pagare colpe non nostre.
è per questo che poi mi viene naturale sentirmi scossa per gli attentati a Parigi (in particolare al Bataclan) più che per altri morti innocenti più lontani.
e se mi conoscete, lo sapete bene che sono anarchica e anticapitalista e tutti i giorni mi piango i morti delle guerre imperialiste portate avanti dalla parte malata dell’occidente: non credo che i morti siriani, libanesi, curdi, palestinesi contino anche solo una virgola meno di quelli francesi; credo anzi che sia dovere di ogni essere umano rendere onore a tutti i morti innocenti vittime delle guerre, in qualsiasi parte del mondo si trovino, perché le guerre se le fanno i potenti ma i morti ce li piangiamo noi e non ne abbiamo nessuna colpa.

e sono stanca di voi che ci dite cosa dobbiamo ritenere importante e cosa no.
non possiamo chiedere a voi quale dev’essere il metro del nostro dolore e come dobbiamo spartirlo per essere più rivoluzionari e a posto con la nostra coscienza.
non ci si può sentire quasi costretti a chiedere scusa di essere preoccupati per i propri cari che vivono a Parigi o per chi ci è andato solo per vedere il concerto.
né tanto meno sentirsi in colpa perché ci sentiamo più sconvolti dall’attentato dietro casa che da quello in medio oriente.

io ve lo dico fuori dai denti: mi sento più vicina ai morti francesi perché mi ci sento vicina proprio geograficamente (e in un certo senso culturalmente).
è capitato lì per puro caso ma poteva capitare qua: il Bataclan di parigi poteva essere l’Atlantico di roma; gli Eagles of death metal potevano essere i Godspeed you! black emperor; tra i morti in una sala concerti potevo esserci io.
a quel punto cosa avreste pensato? come vi sareste sentiti? avreste pensato prima ai morti della parte sfortunata di mondo o ai vostri? perché, cari miei, a Roma ne avreste potuti contare molti! sempre che non foste morti e a quel punto sareste stati un cadavere in più.
io trovo offensivo per la memoria di questi morti star sempre a sottolineare che ce ne sono altri da un’altra parte del mondo che meritano più attenzione e squalificare il tempo che dedichiamo a questi morti perché sono figli del cattivissimo occidente e forse un po’ se lo dovevano aspettare o addirittura se lo meritavano di morire.
scusatemi, ma provo per questi ragionamenti un profondo ribrezzo!

siamo scesi nelle piazze a urlare “not in my name!” quando l’occidente andava a bombardare quei paesi e continuiamo a condannare quelle bombe (anche quelle lanciate oggi dalla francia sulla siria). quindi no, se mi dovessero sparare in una sala concerti, io non me lo sarei meritato neanche un po’.
così come non se lo sono meritato i vignettisti di Charlie Hebdo a gennaio, la cui unica colpa era di prendere in giro le religioni (tutte, non solo l’islam) in maniera impietosa come in fondo ci si aspetta che faccia la satira. soprattutto la satira di una rivista che si dichiara libertaria, anarchica e quindi fa della lotta alla religione uno dei suoi baluardi.
ma quei vignettisti non disegneranno più, non potranno dire più niente, perché sono morti. e solo perché qualcuno s’è sentito così offeso da sentirsi in diritto di togliere la vita a qualcun altro. ma se un credente si sente offeso per così poco, vuol dire che ha seri problemi con la sua fede (che dovrebbe essere solida e non lasciarsi scalfire dalle cose terrene) e questi seri problemi dovrebbe risolverli con sé stesso e col suo dio, non con chi gli sbatte in faccia le sue contraddizioni.
e sono morti gli 89 ragazzi che volevano soltanto godersi un po’ di musica per una sera e invece hanno scontato la colpa di vivere nella parte fortunata del mondo.

la musica è il mio luogo sacro e inviolabile, il "luogo" in cui mi rifugio quando ho bisogno di aggrapparmi a qualcosa per non lasciarmi andare. se non fosse per la musica, sarei morta suicida molto tempo fa. e almeno nel mio personalissimo tempio, vorrei sentirmi libera e sicura. perché la musica dev’essere questo: un posto sicuro, la libertà.
ma neanche più a un concerto posso sentirmi protetta dalle bruttezze del mondo, perché qualcuno ha deciso che il brutto dovesse invadere il bello.
però le cose belle non devono essere sporcate col sangue né in altro modo!
queste bestie non hanno alcun rispetto per l’arte, per la musica, per la bellezza, per tutte queste cose che sono il motore del mondo e ci permettono di viverci sopportandone tutte le storture. è questa la vera barbarie.
io non posso tollerare chi dimostra assoluto disprezzo per l’arte, la cultura, la storia. che vengono spazzate via anche nei luoghi da cui l’IS proviene: strumenti musicali e resti archeologici distrutti; uomini di cultura e civili innocenti torturati e ammazzati.
come si può pensare che tutto questo sia solo voglia di riscattarsi dal dominio dell’occidente?
se anche i loro conterranei li combattono coi fucili in braccio, fino alla morte, perché preferiscono morire piuttosto che finire nelle loro mani e dargliela vinta.
non si possono dedicare statue virtuali ed elogi quotidiani al PKK quando lotta contro l’IS e poi offrire alibi all’efferata violenza dell’IS solo perché combatte contro l’occidente. 
il nostro occidente, quello dal quale alcuni possono sputare sentenze intellettualoidi pseudo-rivoluzionarie benaltriste col culo parato... che resterà parato solo finché l’IS non deciderà che lo stadio da far saltare in aria è il San Paolo, il locale in cui sparare è l’Asilo e il ristorante è Sorbillo e il tutto mentre ci stiamo noi sparsi dentro. 
quindi bisogna scegliere da che parte stare e prendere posizioni nette, senza se e senza ma (come del resto hanno fatto gli anarchici turchi).

noi tutti, se siamo anarchici o comunisti, vogliamo combattere contro il mostro capitalista e imperialista nel cui ventre viviamo, volenti o nolenti. però possiamo decidere di combattere con ben altri mezzi, intenti e alleati. e i tempi sarebbero pure maturi.
dopo aver superato il medioevo e le crociate, attraccati all’illuminismo e in procinto di superare anche quello, arrivati a un punto in cui possiamo dirci pubblicamente atei e libertari senza rischiare il rogo... noi non possiamo e non dobbiamo autocensurarci, limitarci, vivere in recinti prede della paura e rinunciare alle nostre conquiste e al nostro stile di vita (che tanto ci siamo sudati nel corso della storia) perché non piacciono a qualcuno a migliaia di chilometri da noi che si sente in diritto di ammazzarci perché non ci pieghiamo al suo volere.
onestamente sono gelosa del percorso che l’umanità ha fatto: da QUA, dal 2015, io voglio partire per combattere i mostri che ho da combattere! 
la gavetta (bella lunga) già l'abbiamo fatta: non ho nessuna intenzione di farmi trascinare indietro nel tempo a un millennio fa e ricominciare da capo.

quindi io continuo a professare le mie idee e dovremmo farlo tutti: continuare a disegnare vignette dissacranti, a scrivere cose scomode, a tentare di spazzare via dalla terra le religioni come sistemi di dogmi funzionali al controllo sociale.
e vi dirò di più: dovremmo continuare ad andare ai concerti anche se tutti (anche mia madre ieri) ci consigliano di evitare perché “ormai pure ai concerti si muore”.
no, io aspettavo che arrivasse il 15 novembre da quando i Godspeed hanno annunciato la data. e io non mi privo della gioia di un concerto dei Godspeed perché questi pazzi vogliono instillare in me il terrore. 
io non gliela voglio dare vinta.
non possono vincere loro!


anche le popolazioni musulmane del medio oriente, quelle che subiscono questa barbarie ogni giorno, invitano tutti a non piegarsi e a lottare con tutte le forze contro questo mostro che è l’IS. 
senza scordarci che non dobbiamo lasciare spazio di parola e azione ai nostri fascisti, già pronti allo sciacallaggio mentre ancora quella gente moriva a Parigi, che invocano la cacciata dei musulmani dalla francia e dall'occidente: non tutto l’islam è fanatico integralista e nessuno di quei civili si sente rappresentato da quest’organizzazione folle e disumana. tant’è che, chi può, la combatte sul campo; chi non può, scappa rifugiandosi da noi sperando in un abbraccio accogliente che faccia sentire al sicuro anche loro. 
non sono loro il nostro nemico: abbiamo un nemico comune ed è l’IS. e non possiamo permettergli di passare e vincere.
ma la strada non è bombardare quei paesi in cui l'IS non ha ancora neanche una fissa dimora; né sfogare la nostra rabbia sui migranti che sono intorno a noi, innocenti come noi.
Parigi era una trappola: se ci caschiamo, offriremo terreno fertile all'IS per crescere e fare sempre più proseliti. la sua volontà era convincere il mondo che è in atto una guerra di civiltà tra occidente e musulmani, così che questi ultimi si arruolino volontariamente tra le fila dell'IS per ribellarsi all'occidente che li odia e li disprezza tutti indistintamente.
cerchiamo di non dargli ragione!

ph: Charlyn Cameron
(www.charlyncameron.com)

domenica 8 novembre 2015

.SVEGLIAMI.

ci sono momenti che non si possono scordare, che non si può fingere di non aver mai vissuto.
ci sono emozioni che ti riempiono tanto che tutto quello che hai conosciuto prima ti sembra niente e le rincorri aspettando di sentirne ancora, sempre più forti, e se non ritornano ti sembra di vivere una vita a metà.
ci sono persone che ti segnano al punto che continui a cercarle in altre persone e non le trovi e ti sembra di non Vedere nessuno, mai sul serio, mai in profondità.
ci sono occhi che, una volta che li hai incontrati, ti sembra di vederli ovunque ma quando ti rendi conto che non sono i suoi ti senti sempre un po' più vuota.

ci sono carezze, abbracci, occhi negli occhi, labbra sulle labbra, pelle contro pelle.

c'era una notte d'agosto insonne che è andata a morire in un'alba nei suoi occhi, nel suo sorriso che faceva rumore e vibrava e che mi si è incollato addosso.
c'era la sua preghiera.
"vieni, vieni, vieni!"

c'era una volta lui. e c'ero io.
e quegli occhi non li ho incontrati più.
ma quei giorni sono rimasti sospesi conoscendo l'eternità.
è lì che siamo rimasti: in quella virgola di tempo che non tornerà.
ma è lì.
e io non tornerò mai davvero a questo presente che ha sempre una piccola parte che manca.



"io sono perso, sono confuso.
tu fammi posto, allarga le braccia!
dedicami la tua notte, la notte successiva e un'altra ancora.
dedicami i tuoi giorni, dedicami le tue notti. oggi domani ancora.
stringimi forte, coprimi, avvolgimi. di caldo fiato scaldami, di saliva rinfrescami.
VORREI MORIRE ORA."

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foto di Emma Di Taranto